La nostra esperienza con lo Yoga


Ecco gli emozionanti racconti dei ragazzi...

CHIUDO GLI OCCHI, MA…

 

di Sara Caselli 3E Fra Salimbene, Parma

 

Chiudo gli occhi, ma nonostante questo vedo ombre rosse muoversi, è così che appare la luce del sole mentre danza sulle mie palpebre. Non è che chiudendo gli occhi una cosa sparisca, tutto rimane così com' è e anche i miei occhi rimangono lì, semplicemente c'è la palpebra a proteggerli, a richiuderli. Ma la luce non può essere ostacolata da un sottile strato di pelle , percorre 149.597.870,691 km per inondare del suo calore ogni angolo della terra e riesce a farsi intravedere anche da me. Così sono i sogni, uno può cercare di abbandonarli quanto vuole, ma loro rimangono lì, immobili. Non basta un muro a fermarli perché in realtà siamo noi a volerli, ci illudiamo di non averne bisogno, mentiamo a noi stessi dicendoci che staremo bene lo stesso, ma i sogni in realtà sono come la luce, indispensabili. Illuminano la nostra vita e noi neanche ce ne accorgiamo.

Quando ancora ritenevo che tutto sarebbe sempre andato per il verso giusto, quando il pensiero che non si può vivere solo di arte nemmeno mi sfiorava, quando, insomma, vedevo tutto con gli occhi di una bambina ho sempre pensato che avrei fatto il liceo artistico, il mio sogno, la mia certezza era quella. Ma purtroppo anni, dubbi e insicurezze aumentano insieme e ora, ora che devo scegliere che strada prendere, la paura mi blocca, m'impedisce di raggiungere la mia luce. Io so cosa voglio fare veramente, ma la paura è qualcosa d'incontrollabile, la paura non ragiona, la paura è semplicemente istinto e l'istinto non ti permette di rischiare, l'istinto vuole che tu stia sempre al sicuro.

Ma io non voglio trascorrere minimo cinque anni della mia vita allo scientifico sapendo che all' artistico potrei trascorrere degli anni meravigliosi…Sono sicura che se andassi all'artistico mi divertirei moltissimo, perché quando uno fa ciò che ama veramente fare non gli pesa per niente, anzi è contento. Ho la certezza che starei benissimo in un liceo artistico: alla presentazione della scuola ho visto realizzazioni meravigliose degli studenti: cortometraggi, marchi di negozi, grafica… La cosa che in assoluto amo di più fare è disegnare, è il mio sfogo.

Però io ho paura di sbilanciarmi troppo iscrivendomi all'artistico, ho paura o di fallire o di cambiare idea e di non poter più tornare indietro. Mentre se frequentassi lo scientifico avrei più possibilità e comunque mi piace anche la matematica, meno, ma mi piace. Quando risolvo un'espressione particolarmente difficile o quando intuisco la soluzione di un problema complicato mi sento soddisfatta di me stessa quasi come quando, confrontando un vecchio disegno con uno più recente, mi accorgo di quanto io sia migliorata.

Quando hanno aperto le iscrizioni per il liceo, la mia frustrazione è aumentata moltissimo. Ogni volta che mi soffermavo un momento a riflettere, provavo l'irrefrenabile desiderio di sbattere la testa contro il muro, lacrime amare scivolavano sulle mie guance cercando di portarsi via un po' della mia frustrazione che però non accennava a diminuire. Cercavo disperatamente dentro di me il coraggio di iscrivermi all'artistico, maledicevo il mio preoccuparmi così tanto di fallire, maledicevo il mio essere una persona così poco impulsiva ma troppo realista.

Ma questa non è una storia a lieto fine, non è uno di cui film in cui al termine la protagonista riesce a seguire il suo cuore, diventa ciò che vuole diventare e sono tutti felici. Io ci spero ancora, ma non è quel tipo di storia, perché io mi sono iscritta allo scientifico e sono molto poco soddisfatta della mia scelta.

Mentre aspetto la lettera che mi comunicherà se sono stata accettata mi ritrovo a sperare che sia il destino a scegliere per me. Mi sento molto patetica mentre penso queste cose, perché dovrei essere io a tenere salde tra le mani le redini della mia vita, invece sto sperando che sia il destino a dare una qualche indicazione ad un cavallo-vita che ho lasciato libero di scegliere la strada con meno rischi. Dovrei lacerarmi le mani mentre cerco di tenere saldamente le redini, non dovrei stare a guardare mentre mi porta in una direzione di cui non sono soddisfatta, ma è quello che sto facendo, ho seguito ciò che mi hanno detto i miei genitori iscrivendomi allo scientifico.

D' estate tendo sempre a diventare più impulsiva, tendo a lavarmi dalla concretezza con il primo bagno in mare, è come se il contatto con l'acqua salata mi facesse capire quali sono realmente le mie priorità, e sicuramente la prima di esse è essere felice. Quindi, poiché mi rendo perfettamente conto che per essere totalmente felice io devo fare l'artistico, penso che se deve esserci un momento ideale in cui avrò il coraggio di cambiare, quello sarà quest'estate. Mi rendo conto che può sembrare una scusa per non pensarci adesso, e probabilmente la è, ma io desidero solamente un po' di pace dal mio tormento interiore. Chissà se troverò davvero il coraggio di oltrepassare quella siepe e immaginare e costruire il mio futuro!

 


Un mondo parallelo di Zoe Bergamini 3E Fra Salimbene, Parma

 

Contraggo e dilato la retina dell'occhio, ritrovandomi in un mondo parallelo e sfocato.

 Come sott'acqua, i miei pensieri affogano.

E' il caos.

Nuoto scoordinatamente alla ricerca di un filo logico, ma la zavorra dei miei sogni mi trascina nel buio.

 Sono seduta sul fondo e inerte mi lascio colpire da ricordi, come fossero correnti fredde.

Sono piccole cose, ma nell'insieme sembrano tarlare l'impalcatura della mia autostima.

E' complesso, è una costruzione edificata fin da piccola.

E' la mia protezione dal mondo esterno, il mio muro personale.

Ci ho anche appeso un quadro.

Passo tanto tempo quaggiù. Ogni giorno posso aggiungere un mattone, eppure ora mi sento così debole, distrutta.

Troppi dubbi, frasi che non avrei dovuto dire, cambiamenti che avrei dovuto aver il coraggio di completare, responsabilità che gravano sulle mie spalle.

 Il ritardo, ritardo, sono sempre in ritardo!

 Si può essere in ritardo rispetto al resto della propria vita?

 Mi insulto mentalmente, sento il bisogno di piangere ma non ci riesco, dannazione.

Vorrei scappare dalla mia testa, sono protetta da tutti, ma non da me stessa.

Poi la vedo.

Scintilla, la catena incrostata di alghe di un'ancora.

Sopraffatta dall'emozione, dedico tutte le mie forze per issarmi, grazie agli anelli concatenati e percepisco piano la pressione attenuarsi.

Sento il calore, la luce, appena sotto il pelo dell'acqua chiara.

E infine posso respirare.

Questa è la mia Barca.

Capisco che è incoerente, ma è così materiale. Solido legno galleggiante sulla precarietà del mare.

Può essere un pensiero qualsiasi, un complimento, un gesto, una persona.

Del resto certe volte basta che esista.

Spesso mi appare in situazioni inadatte, violenta come un pugno dritto nello stomaco.

Allora smetto di parlare, non riesco a completare la frase che rimane inespressa nella mia bocca.

 Il mio sguardo si fissa su un punto casuale.

E' possibile che qualcuno in questi momenti chiami il mio nome, io non lo sentirò.

Scoppio a ridere scostandomi i capelli fradici, rincuorata.

Mi lascio trasportare senza paura, fino a quando il fondo dell'imbarcatura strofina sulla sabbia.

 Abbandono l'immagine che tanto mi ha confortato e salto nell'acqua tiepida, che arriva a lambirmi le ginocchia.

Atterro sulla sabbia e mi addormento.

 La situazione si ribalta.

 Sono nel mio letto.

 Anche stasera sono sopravvissuta alla meschinità della mia fantasia.

Mi stringo la mano, con uno sguardo soddisfatto.

“Io nel pensier mi fingo” di Tommaso Bosi 3E Fra Salimbene, Parma

, a differenza di Leopardi, ho difficoltà ad immaginare; davanti a me si trova un grosso muro. Questo muro è alto e imponente, controllato giorno e notte e difficile da superare. Il muro l’ho costruito io, l’ho costruito perché ho paura che la fantasia venga schiacciata dalla dura e pesante verità. Se durante la giornata mi “spingo” ad immaginare, temo di essere deluso dalla realtà.

La fantasia è bella, ti fa tornare bambino e ti regala un sacco di fantastiche emozioni. La realtà, invece, è deludente ed è l’unico elemento che ti fa restare con i piedi per terra. Ognuno dovrebbe, però, almeno ogni tanto, lasciarsi andare e far spiccare il volo alla propria immaginazione. Quando si è bambini si usa la fantasia molto di più rispetto a quando si è grandi. Questo perché quando si è piccoli non si è a conoscenza della realtà, mentre quando si cresce si sono vissute tante esperienze che ci si stupisce di meno. Quando si è grandi, diminuisce il tempo per dar sfogo alla propria immaginazione, anche perché si hanno molti pensieri per la testa.

 La fantasia è il dono più bello che ci viene fatto. L’immaginazione mette radici dove la realtà vuol dimenticare. La fantasia non conosce l’impossibile. Attraverso l’immaginazione possiamo viaggiare senza mai stancarci, e senza mai dire “siamo arrivati”. Pur di continuare ad usare la fantasia e l’immaginazione, vorrei restare un bambino. Tutto ciò, però, è impossibile. La natura non tiene conto dei nostri desideri, e continua indisturbata nel suo percorso naturale, fatto di gioie e di delusioni.

La realtà è come un mondo grigio, mentre la fantasia lo colora tutto. Dare colore alla propria vita è importante, solo così ci si differenzia dagli altri. Distinguersi dagli altri è fondamentale, perché se tutte le persone fossero l’una uguale all’altra, la vita sarebbe molto noiosa. Per distinguermi, io uso il mio carattere, visto che è difficile trovare una persona che abbia i miei stessi pregi e difetti.

Le poche volte che lascio il via libera alla fantasia, lo faccio quando mi rilasso sul letto o sul divano, o quando sto dormendo. Tutti, anche se non ce ne accorgiamo, quando dormiamo sogniamo e quindi usiamo l’immaginazione. Questo perché il nostro cervello deve restare attivo e perciò elabora una realtà parallela :il sogno.

 Nell’ “Infinito” Leopardi, quando si trova davanti alla siepe, utilizza la sua fantasia per immaginare cosa ci possa essere al di là di quel muro. Il poeta immagina cose positive perché sta vivendo un brutto periodo della sua vita. Io, al posto di Leopardi, avrei cercato un altro posto dove poter osservare il paesaggio, oppure avrei cercato un modo per superare quell’ostacolo fisicamente. Avrei superato quella siepe passandoci attraverso o l’avrei saltata.  Avrei fatto ciò perché non sarei stato in grado di riflettere sul da farsi, e di aspettare come ha fatto Leopardi. Penso che questo sia dovuto al fatto che il poeta abbia scelto il monte Tabor per riflettere sul significato dell’infinito e non per ammirare il paesaggio. Questo mi fa pensare che Leopardi fosse un uomo molto sensibile, che sapeva riflettere sugli argomenti più importanti della vita. Da lui vorrei imparare ad essere più riflessivo e ad agire meno d’impulso.


CHIUDO GLI OCCHI, MA… di Sara Caselli 3E Fra Salimbene, Parma

Chiudo gli occhi, ma nonostante questo vedo ombre rosse muoversi, è così che appare la luce del sole mentre danza sulle mie palpebre. Non è che chiudendo gli occhi una cosa sparisca, tutto rimane così com' è e anche i miei occhi rimangono lì, semplicemente c'è la palpebra a proteggerli, a richiuderli. Ma la luce non può essere ostacolata da un sottile strato di pelle , percorre 149.597.870,691 km per inondare del suo calore ogni angolo della terra e riesce a farsi intravedere anche da me. Così sono i sogni, uno può cercare di abbandonarli quanto vuole, ma loro rimangono lì, immobili. Non basta un muro a fermarli perché in realtà siamo noi a volerli, ci illudiamo di non averne bisogno, mentiamo a noi stessi dicendoci che staremo bene lo stesso, ma i sogni in realtà sono come la luce, indispensabili. Illuminano la nostra vita e noi neanche ce ne accorgiamo.

Quando ancora ritenevo che tutto sarebbe sempre andato per il verso giusto, quando il pensiero che non si può vivere solo di arte nemmeno mi sfiorava, quando, insomma, vedevo tutto con gli occhi di una bambina ho sempre pensato che avrei fatto il liceo artistico, il mio sogno, la mia certezza era quella. Ma purtroppo anni, dubbi e insicurezze aumentano insieme e ora, ora che devo scegliere che strada prendere, la paura mi blocca, m'impedisce di raggiungere la mia luce. Io so cosa voglio fare veramente, ma la paura è qualcosa d'incontrollabile, la paura non ragiona, la paura è semplicemente istinto e l'istinto non ti permette di rischiare, l'istinto vuole che tu stia sempre al sicuro.

Ma io non voglio trascorrere minimo cinque anni della mia vita allo scientifico sapendo che all' artistico potrei trascorrere degli anni meravigliosi…Sono sicura che se andassi all'artistico mi divertirei moltissimo, perché quando uno fa ciò che ama veramente fare non gli pesa per niente, anzi è contento. Ho la certezza che starei benissimo in un liceo artistico: alla presentazione della scuola ho visto realizzazioni meravigliose degli studenti: cortometraggi, marchi di negozi, grafica… La cosa che in assoluto amo di più fare è disegnare, è il mio sfogo.

Però io ho paura di sbilanciarmi troppo iscrivendomi all'artistico, ho paura o di fallire o di cambiare idea e di non poter più tornare indietro. Mentre se frequentassi lo scientifico avrei più possibilità e comunque mi piace anche la matematica, meno, ma mi piace. Quando risolvo un'espressione particolarmente difficile o quando intuisco la soluzione di un problema complicato mi sento soddisfatta di me stessa quasi come quando, confrontando un vecchio disegno con uno più recente, mi accorgo di quanto io sia migliorata.

Quando hanno aperto le iscrizioni per il liceo, la mia frustrazione è aumentata moltissimo. Ogni volta che mi soffermavo un momento a riflettere, provavo l'irrefrenabile desiderio di sbattere la testa contro il muro, lacrime amare scivolavano sulle mie guance cercando di portarsi via un po' della mia frustrazione che però non accennava a diminuire. Cercavo disperatamente dentro di me il coraggio di iscrivermi all'artistico, maledicevo il mio preoccuparmi così tanto di fallire, maledicevo il mio essere una persona così poco impulsiva ma troppo realista.

Ma questa non è una storia a lieto fine, non è uno di cui film in cui al termine la protagonista riesce a seguire il suo cuore, diventa ciò che vuole diventare e sono tutti felici. Io ci spero ancora, ma non è quel tipo di storia, perché io mi sono iscritta allo scientifico e sono molto poco soddisfatta della mia scelta.

Mentre aspetto la lettera che mi comunicherà se sono stata accettata mi ritrovo a sperare che sia il destino a scegliere per me. Mi sento molto patetica mentre penso queste cose, perché dovrei essere io a tenere salde tra le mani le redini della mia vita, invece sto sperando che sia il destino a dare una qualche indicazione ad un cavallo-vita che ho lasciato libero di scegliere la strada con meno rischi. Dovrei lacerarmi le mani mentre cerco di tenere saldamente le redini, non dovrei stare a guardare mentre mi porta in una direzione di cui non sono soddisfatta, ma è quello che sto facendo, ho seguito ciò che mi hanno detto i miei genitori iscrivendomi allo scientifico.

D' estate tendo sempre a diventare più impulsiva, tendo a lavarmi dalla concretezza con il primo bagno in mare, è come se il contatto con l'acqua salata mi facesse capire quali sono realmente le mie priorità, e sicuramente la prima di esse è essere felice. Quindi, poiché mi rendo perfettamente conto che per essere totalmente felice io devo fare l'artistico, penso che se deve esserci un momento ideale in cui avrò il coraggio di cambiare, quello sarà quest'estate. Mi rendo conto che può sembrare una scusa per non pensarci adesso, e probabilmente la è, ma io desidero solamente un po' di pace dal mio tormento interiore. Chissà se troverò davvero il coraggio di oltrepassare quella siepe e immaginare e costruire il mio futuro!


Ciò che ho visto, ciò che ho sentito di Pietro Danai

Ho vissuto poco, ciò che ho vissuto lo porterò con me.

 Ciò che ho visto, ciò che ho sentito.

Tutto quello che non avrei voluto vivere, tutto quello che vorrei dimenticare.

Il mio muro è una brutta litigata.

La mia siepe è stata la paura di reagire.

Quella sera mia mamma era tornata tardi, ogni tanto capitava che litigasse con il suo compagno.

Io, come al solito, me ne andavo in camera ad ascoltare la musica per non sentirli urlare.

Quella sera però accadde qualcosa.

Durante la litigata mi tolsi le cuffie per capire se fosse tornata la calma.

 Invece sentii mia mamma piangere, non capivo cosa stesse succedendo.

 Il giorno dopo ho realizzato.

La vidi al risveglio, nonostante lei cercasse di essere sfuggente.

 Aveva un occhio nero, il naso rotto, il viso tumefatto.

Lui, in preda alla rabbia, l’aveva ridotta così, prendendola a schiaffi e botte.

Mi vennero i sensi di colpa e dentro di me continuava a salire la rabbia.

 Per settimane mi feci delle domande difficili: perché non ero intervenuto? Se fossi intervenuto, sarei riuscito a proteggere la mamma? Come fa una persona ad avere una mente così malata?

 Avrei potuto chiamare aiuto.

 Poi ho capito che avrei potuto fare ben poco.

 Siamo andati a vivere per un mese da papà. Lui sì che è una persona d’oro.

Sono separati mamma e papà da cinque anni, ma lui si è preso cura di noi in questo mese.

 Ho anche io sofferto tanto.

 In questi giorni una cosa mi fa stare meglio: vedere di nuovo il sorriso di mia mamma, la gente che ci vuole bene, vedere la mamma tornare serena e osservare che i lividi se ne stanno andando, ormai.

La mia mamma, con solo un abbraccio, abbatte tutti i miei muri.

Io mi sento già al di là di quella siepe che limita i miei sogni e le mie speranze.

Al di là ci sono le persone che mi vogliono bene, che tengono a me.

 Lascio al di qua tutti quelli che possono farmi del male, emotivamente e fisicamente.

Nel muro si è aperta una breccia, nella siepe intravedo un varco. Riesco a vedere il mio futuro.

Nella mia vita ci saranno solo le persone che amo e che mi amano, che rappresenteranno valori positivi e da seguire.

Per oltrepassare la siepe bisogna trovare la forza di reagire e l’arma più potente sono le persone che contano nella vita, le persone che ami.

 


ERO SOLA IN CASA… di Isabella Fabi classe 3E scuola Fra Salimbene, Parma

Ero sola in casa, coricata sul divano del salotto, immersa in un silenzio così vuoto che mi fece  immediatamente affondare nei miei pensieri.

E mentre scivolavo, lentamente, in questo abisso vidi proprio davanti a me una porta bianca con la scritta  “PASSATO”. Guardai quella porta  intensamente per pochi secondi e mi decisi ad entrare, pronta a rivedere il mio passato, pronta a  rivivere delusioni, errori , pazzie e momenti di felicità.

Un lungo respiro per darmi quella forza di cui sapevo avrei avuto bisogno per tornare ad affrontare da sola certi momenti della mia vita, ed entrai.

Vidi un corridoio con le pareti bianche, che mi trasmettevano un senso di freddo, e proiettate su di esse le immagini della mia vita.

Iniziai a percorrere il corridoio  guardando tutti i miei ricordi: i meravigliosi tuffi nel mare della Croazia in vacanza con mio padre e mio fratello, le estati in montagna  con mia nonna  e le bellissime camminate intorno al lago, io e le mie amiche che facevamo degli scherzi telefonici facendo finta di essere delle pizzaiole…

 Che bei ricordi!

Purtroppo nel passato non ho vissuto soltanto dei bei momenti, ma anche delle situazioni difficili  e dolorose da affrontare. Sulle pareti i bei ricordi stavano svanendo e lasciavano spazio a quelli più dolorosi, nei quali ho dovuto imparare a trovare la forza dentro di me.

Vidi quando mio fratello venne bocciato e non sapeva cosa fare e piangeva e si arrabbiava deluso di se stesso .

E vidi la notte in cui morì mia madre.

Io e mio fratello stavamo dormendo, mio padre ci svegliò di colpo dicendoci che dovevamo vestirci e correre a casa dei nonni, perché la mamma non stava bene. Mia madre, infatti, in quel periodo era dai nonni perché avevano più tempo  per occuparsi di lei.  

Quando la nonna ci fece entrare, capii immediatamente che era successo qualcosa di troppo più grande di me. Senza pensarci troppo ci precipitammo nella camera della mamma, prima mio padre, poi subito dietro io e mio fratello. Neanche il tempo di poterla vedere che mio papà, girandosi di scatto, urlò ”è morta!!” .

L’impatto di quella notizia mi paralizzò: non riuscivo né a piangere né a parlare. Arrivai vicino alla mamma: era coricata sul letto senza vita, pallida e senza il suo solito sorriso… Da quel giorno la mia mamma non sarebbe più stata qui con noi e non l’avrei mai più vista sorridere.

Volevo abbandonare il passato, ripercorsi a ritroso, in fretta e furia quel lungo corridoio, aprii la porta e  mi ritrovai a sprofondare nell’ abisso.

Un’altra porta catturò il mio sguardo: molto incuriosita mi avvicinai e notai che questa volta su di essa c’era la scritta ”PRESENTE” .

La aprii e mi condusse direttamente in una biblioteca con tanti scaffali ricolmi di libri bianchi, senza titoli. Sorpresa, ne afferrai subito uno e iniziai  a sfogliarlo .

Ogni pagina rappresentava diversi momenti del presente, e appena sfioravo le pagine, queste svanivano volando verso il passato. Sentivo delle voci, era come se mi dicessero di uscire da quella stanza e di non perdere tempo. Io, impaurita e indecisa sul da farsi, me ne andai. Appena girai lo sguardo, la biblioteca era come scomparsa e mi ritrovai in un corridoio con alla fine una freccia con la scritta “FUTURO”.

Seguii la freccia. Essa mi condusse in una stanza con una baraonda mai vista prima: libri per terra, vasi rotti, macchie di colori sul pavimento e sulle pareti, proiettati, i sogni del mio futuro. Erano immagini sfuocate che però riuscivo ad intuire, perché so che cosa voglio nella mia vita. Ho visto i viaggi che sogno da sempre, la passione di diventare una regista, il desiderio di una vita serena e felice e… poi, improvvisamente, i miei professori durante l’esame di fine anno! Lo spavento fu tale che sobbalzai e mi ritrovai spaesata e disorientata. Ero ancora qui, nel mio salotto, coi miei pensieri ancora una volta interrotti dalla paura di non riuscire ad affrontarli. Una siepe folta e impenetrabile non mi permette di raggiungere il mio futuro, ma quella freccia al termine del corridoio era un’indicazione chiara, mi mostrava la direzione e verso quella indirizzerò i miei passi.

 


Il nulla di Beatrice Ubbiali 3E Fra Salimbene, Parma

 

Il nulla è vuoto, oscurità e paura.                                                                                                                    Uno spazio dove le parole girano su se stesse senza tempo.                                                                             Come le persone d’altronde. Le avete mai viste mentre camminano frenetiche per le vie strette e affollate?                                                                                                                                                    Io sì, le ho osservate e analizzate a lungo e ormai conosco le loro vite come fossero mie.                                    Le ho viste superare il loro muro: quello dell’angoscia, della solitudine e dell’inconsapevolezza.                                       Pian piano, spinta da quella voce, ho cercato anch’io di abbattere il mio muro…Ma senza successo.                                                                                                                                                    E tu lo sai bene, vero, Nulla? Non eri forse tu quella vocina che mi sussurrava falsa all’orecchio? E cosa ci sarà dietro quel muro? Tu? Oltre la mia siepe non c’è forse un futuro meraviglioso?                                     Rispondimi, accidenti!                                                                                                                                                  Credi di potermi ingannare ancora? Credi di potermi promettere tutte quelle belle cose come hai fatto fino adesso?                                                                                                                                                                                                       No, certo che no.                                                                                                                                                          Saresti uno stupido a crederlo e tu certo non lo sei.                                                                                                                                    Ora troverai qualche scusa logica e fin troppo banale, perché, vedi, se lo sciocco non sei tu, allora lo sono io. Sì, la sciocca bambinetta, quella che piange ogni due per tre, quella che crolla a terra senza neppure aver tentato.                                                                                                                                                                         Perché non mi lasci libera? Perché mi tieni prigioniera in questo incubo? Perché rendi la mia vita un incubo? So bene che è solo colpa mia, una mia impressione o forse questo è quello che vuoi farmi credere…                                                                                                                                            Ma io ti devo credere?                                                                                                                                                       Sono obbligata a risponderti sempre sì?                                                                                                                                                Non penso proprio! E in ogni caso non m’importa più, perché la mia risposta è NO, non continuerò a indossare una maschera.                                                                                                                                                      La verità è solo quella che tu non hai voluto rivelarmi.                                                                                         Colpo dopo colpo hai cercato di annientarmi, hai cercato di rendermi un tuo burattino: triste e privo di vita. Chissà quanti altri, chissà quale teatrino…                                                                                                                             Io però, da oggi, ho smesso di recitare. Sul palco non c’è posto per me.                                                                      E, come mi dicesti tu una volta, il mondo è diviso in due fazioni: i vinti e i vincitori.                                                “Vincitori di che guerra?” ti chiesi allora io in cerca di risposte, ma tu restasti muto.                                                                                                 Ora una la conosco di quelle risposte.

E ciò che vivrò e vedrò oltre la mia siepe, adesso non ti riguarda più.

In cammino Di Andrea Margaritelli classe 3E scuola Fra Salimbene, Parma

 

Corro contro la siepe cercando di spostarla. Mi dico: "è solo un momento, la sposterò", mi chiedo se è ora di prendere una pausa, ma io non voglio smettere di spingere contro questa siepe, perché prima o poi cadrà, la butterò giù.

Quando spingo, dentro sento un vuoto, e non capisco da dove venga.

Alzo gli occhi verso il sole, lui mi incoraggia a continuare. Lui ha raggiunto il suo scopo. Come ha fatto?

A volte, invece, vedo le nuvole. La siepe è ancora lì, io mi accanisco contro di lei e premo, spingo, schiaccio, che ci sia la pioggia, il sole, la grandine o la neve.

Mi basta pensare che quelle nuvole se ne andranno, che la neve non è più fredda, che la pioggia è rilassante e la grandine un gioco del cielo... Perché non faccio una pausa?... Sono stremato...

Dopo tanto tempo mi siedo per terra, a pensare... perché lo faccio? Perché mi ostino a vedere abbattuta quella siepe? E se dietro non ci fosse quello che penso? E cosa mi fa stare così male?

Mi abbandono sull'erba... ed inizio ad immaginare... E se da qualche parte nel mondo ci fosse un’altra siepe simile a questa? E se ci fosse un altro come me? Un altro che spinge contro quella siepe alla ricerca della causa di quel vuoto... Sono stanco... devo andare, devo cercare quella siepe e quell'altra persona come me.

Prendo un ramo e mi riprometto di tornare con quella persona.

Parto con il ramo che mi ricorda il mio compito e il mio obiettivo: cancellare gli ostacoli, i limiti.

Attraverso lande desolate, foreste folte e pianure innevate, finchè non vedo degli uccelli.

 E’ strano, così ossessionato dall’impegno della siepe, non ho mai visto uccelli in volo, al massimo li ho visti appoggiati, ma mai volare liberi in cielo.

Li seguo: magari mi conducono all’altra siepe che cerco.

Corro, li inseguo, sono bianchi... Corro, mi portano ovunque, si appoggiano ogni giorno, ed io aspetto pazientemente che mi indichino ciò che desidero trovare.

Un giorno gli uccelli si posano su un albero, io vedo un insetto strano giallo e nero, peloso, mi incute molto timore perché la prima cosa che osservo è quel suo pungiglione. Chissà se l’altra persona che cerco conosce questi insetti strani... Io, nella mia siepe, non ne ho mai visti di insetti appuntiti, al massimo formiche con le ali...

Gli uccelli ripartono, li seguo. Inizio a camminare, vedo due montagne simili a quelle a cui la mia siepe si radicava, però la forma è diversa: stessi colori, stessa grandezza, ma le rocce sono sistemate in modo diverso.

Cammino verso le montagne, il mio unico punto di riferimento, con calma...

Mi sento come a casa mia, stesso odore di erba piena di rugiada, stessa freschezza primaverile...

Mi appisolo un attimo per terra, non dormivo da giorni. Mi mancava una vera pausa, ne sentivo il bisogno... Il giorno dopo mi sveglio pieno di forze, in cielo volano sette uccelli bianchi... sono loro!

Inizio a correre sotto di loro, seguo la loro ombra, vanno verso le montagne. Corro e corro, finchè non intravedo una cosa lunga e verde all'orizzonte. Una siepe! Continuo a correre, il cuore in gola, il sudore sulla mia fronte. Ma più corro, più mi sembra di non avvicinarmi. Le mie gambe si muovono veloci, ma non guadagno terreno. Sono sempre lì, fermo, allo stesso punto.

Cado, mi esce sangue dal naso, mi rialzo e continuo a correre. Ricado, mi rialzo e così una terza volta. L’obiettivo è vicino, lo sento, ora non può sfuggirmi. Un ultimo sforzo e lo raggiungerò.

Ecco: il vento sibila fra i miei capelli, gli occhi sono socchiusi, l’aria mi sfiora il viso; guadagno terreno, finalmente lo vedo… Non ci sono solo io, lo sapevo! Lui è come me...

Mi avvicino sempre di più, quel vuoto infinito che ha sempre abitato in me si sta alleviando...

E' lui... lui è il mio scopo! Lo vedo da dietro, anche lui cerca di abbattere quella siepe, e mentre corro inizio a gridare.

Non sembra sentirmi, ma poi si gira, gli esce una goccia di pioggia dagli occhi. A me non era capitato mai, ma adesso la sento anch'io… Gli salto in braccio e non capisco più dove ci troviamo.

Siamo dall'altro lato della siepe, il nostro lato... Ora sono con lui... sono tornato... Non ho più ostacoli da abbattere... con lui non dovrò mai più preoccuparmi di siepi da eliminare e di limiti da valicare.

Il sole splende per noi, gli uccelli bianchi ci proteggono.

Le gocce di pioggia scintillano nei nostri occhi alla luce di un cielo azzurro finalmente sgombro di nubi.

 


“Io nel pensier mi fingo” di Pietro Cocconi

 

Ho tante paure, ma quella dell’altitudine supera tutte le altre.

Vedere il pavimento che sprofonda sotto di me, vedere i volti che mi ruotano vorticosamente intorno, vedere le cose in basso che si muovono in una spirale infinita, è come essere inghiottiti da un abisso nero senza fine.

L’altitudine mi attira e mi terrorizza nello stesso momento.

 Sprofondato nel divano mi annoio e mi lascio andare ai sogni.

Immagino di affacciarmi dall’ultimo piano della Tour Eiffel.

Chiudo gli occhi, afferro tenacemente i braccioli del divano per darmi sicurezza e lascio scorrere con lentezza le immagini del panorama sotto di me.

Migliaia di tetti, cime di alberi, lunghi viali che tagliano come una lama i giardini e migliaia di formiche nere che si muovono velocemente.

In un attimo tutto diventa nero.

Le vertigini hanno il sopravvento.

Spalanco gli occhi, mi asciugo le gocce di sudore sulla fronte.

La mia paura è solida ed eretta come un muro davanti a me.

Sono un sognatore e ho mille passioni.

Quella della montagna prevale sulle altre.

Alleno la paura guardando e riguardando documentari su imprese alpinistiche di grandi scalatori.

Che meraviglia l’Everest!

I suoi ghiacciai non si sciolgono mai.

Pochi arrivano sul tetto del mondo.

Pochi infatti hanno la tenacia e la passione che li guida in un’impresa ardua, sfidando se stessi prima di tutto.

Chiudo gli occhi e vedo.

Nuvole, nuvole sotto di me.

Grigio chiaro, rosa, bianco, bianco luminoso, bianco opaco, bianco lucido.

Si incrociano, si scontrano, si allungano, si alzano e prendono forme diverse.

Un’aquila si stacca e si dissolve.

Una leonessa fa un balzo e ritorna nella prateria di nuvole.

Sono solo, in casa mi piace pensare i miei pensieri.

Devo continuare ad insistere.

Devo allenarmi coi sogni.

Sono combattivo, ce la posso fare.

Decido di fare un programma per l’estate.

Prima il Lago Santo, poi la vetta del Marmagna, poi la cima dello Stirone.

Sempre più in alto.

Mi ribolle il sangue dalla contentezza per quello che accadrà.


Il muro di Ludovica Sasso 3E Fra Salimbene, Parma

 

A volte nella vita tutto fila liscio, a volte accadono imprevisti.

La cosa importante è saper reagire, trasformando i problemi in opportunità.

Emozioni discordanti che si alternano, un misto fra tristezza e spensieratezza; giorni interi spesi a guardare una parete bianca priva di significato, ma che nella sua semplicità racconta una storia, quella stessa storia che ho voluto dimenticare gettandola nell’oblio.

Quel muro davanti a me a poco a poco inizia a colorarsi, come se io lo stessi dipingendo, vedo lacrime nere  che scendono da quella parete e che una volta arrivate a toccare il fondo formano la scritta: reagisci.

Una parola che mi sembra così lontana, e ogni volta che provo solo a pensarci…mi chiudo in me.

Sono convinta di non potercela fare, mai e poi mai.

Allora, sul quel muro variopinto la scritta svanisce, ma subito dopo ne appare una nuova, formata dalle stesse identiche lacrime nere: e allora perché esisto?

Mi avvicino al muro, mi ci appoggio e poi…Mi ritrovo in una stanza piena di luce, ma a me sembra così buia, è piena di colori, ma io riesco a distinguere solo scale di grigio. Sento una voce che mi dice: esisto perché tu hai voluto trovarmi.

Riconosco la sagoma di quello che so, sarà il mio futuro? Un ponte di luce mi avvolge, subito dopo mi ritrovo    nel luogo dove tutto è cominciato. Ormai quella parete, quel muro, è completamente bianco, privo di emozioni.

Mi soffermo a riflettere sull’accaduto, sono un po’ spaesata.

Quella stanza, quella stanza allegra, piena di luce che avrebbe messo fine persino al pianto di un bambino, a quel pianto che qualche volta è dentro di me, celato dal mio irrefrenabile sorriso, a me pareva un luogo buio, grigio ed infelice.

Appena arrivata in quel posto capii subito di cosa si trattava, era la rappresentanza del mio futuro, ma ancora una cosa non mi era chiara: perché lo vedevo così?

Prima che arrivasse la risposta subentrò di nuovo la melodiosa voce che mi aveva risposto nel mio” futuro” e poi capii veramente tutto…

Era proprio come quando al mare chiudi le palpebre per proteggerti dal sole, vedi qualcosa, ma non la realtà, il mio sguardo veniva ostacolato dal mio problema, in questo caso non voleva proteggermi, ma voleva farmi notare cosa sarebbe accaduto se non avessi …reagito.

Dopo tutto la vita è come una tela, nel mio caso ancora tutta da dipingere. Le emozioni sono i nostri colori e i pennelli le nostre opportunità. E se dovessimo trovare un ostacolo, sbordare il disegno o fare un errore bisogna munirsi di forza e coraggio e almeno…provarci

Ogni giorno udivo quella voce, quella voce che ogni tanto rispondeva alle mie bizzarre domande. Ma ora, tutto a un tratto,  non la sento più… Forse ce l’ho fatta… ho…reagito.

Non esistono ostacoli troppo grandi da superare, è la paura che ci fa pensare di non farcela, ma la cosa fondamentale da sapere, ricordare e mettere in pratica è non arrendersi, non arrendersi mai e poi mai.

Maggiore è l’ostacolo, più grande sarà la gloria nel superarlo.

 

 


MISSION POSSIBLE IN 3^E

 

Le prime due ore di questo anno scolastico sono passate davvero velocemente, forse perchè l’attività che ci ha proposto la nostra nuova insegnante di lettere ci ha coinvolto emotivamente e ci ha messo in discussione.

La prof ci ha lanciato una sfida, una “mission” che ha definito “possible”: ribaltare l’opinione che tutta la scuola ha di noi: 3E...classe burrascosa, agitata, maleducata... in una classe “modello”, impegnata e tranquilla.

Solo discorsi e parole? No! L’attività che abbiamo svolto ha rappresentato tutto questo e ognuno di noi ha capito il significato simbolico di ogni gesto che abbiamo fatto.

La prof ci ha consegnato un foglio su cui ci chiedeva di scrivere:

cosa ti aspetti quest’anno

-dai tuoi insegnanti

-dai tuoi compagni

-da te stesso

I nostri scritti potevano essere letti alla classe o riposti in una scatola che la prof aveva portato.

La scatola è stata avvolta in una carta bianca che ben presto si è colorata con i nostri disegnini, frasi significative e soprattutto le nostre firme. Mettere lì il nostro nome significava che ognuno di noi accettava la sfida e si prendeva la responsabilità di impegnarsi per realizzarla.

Ma il bello doveva ancora venire…

La scatola doveva essere legata e sigillata con una corda.

La prof aveva distribuito a ognuno di noi un pezzetto di spago e ci aveva chiesto di personalizzarlo come ci piaceva di più...avevamo 27 pezzetti di spago, ma nessuno abbastanza lungo per avvolgere la scatola…

Che fare?

L’idea è venuta a una nostra compagna: potevamo legare insieme tutti i nostri pezzetti per fare una corda lunga, in grado di sigillare la nostra scatola delle speranze!

Così abbiamo fatto: la nostra corda è diventata lunghissima, formata da tanti pezzettini colorati e unici, così come unici siamo noi, all’interno di questa classe. Abbiamo tutti capito il significato simbolico di questo gesto: come i nostri cordini legati insieme, anche noi dipendiamo gli uni dagli altri e solo se collaboriamo saremo forti e potremo vincere la nostra sfida.

Siamo tutti diversi, ma ognuno di noi può contribuire con le sue qualità!

Uno striscione appeso in classe ci ricorderà per tutto l’anno la sfida che abbiamo accettato: mission possible - RISPETTO

Abbiamo tante speranze per quest’anno, sono racchiuse in quella scatola che solo alla fine dell’anno riapriremo, ora tocca a noi dimostrare che possiamo farcela!

 

                                                            

Ci saranno sempre sassi sul tuo cammino. Dipende da te se farne muri o ponti!

Quanti muri esistono? E quanti ponti posso costruire? Dai muri del XX secolo al ponte del percorso di orientamento verso la scuola superiore e al futuro del nostro Pianeta (geo)

Lo spazio sinaptico come ponte tra un neurone e l’altro. Come le droghe alterano la funzione dei neurotrasmettitori nelle sinapsi. Il muro creato dalle sostanze stupefacenti
Una molecola che funge da ponte nella sintesi proteica: l’mRNA Le sonde spaziali fanno da ponte tra la Terra e l’Universo.

Prof.sse Rastelli, Bonfrante, Levi

Il muro della violenza giovanile. Per riflettere sul bullismo, leggiamo articoli, vediamo un video  giriamo un corto. Parola d'ordine: riflettere!


Lola Devalier presenta alla 3 F e alla 3 E il suo power-point. Prof.ssa Alessandra Levi


Lola Devalier presenta alla 3 F e alla 3 E il suo PowerPoint

SETTIMANA ALTERNATIVA 3E

1/7 febbraio 2017



MERCOLEDI 1

RELIGIONE:Il Laudato sii di papa Francesco

MATE: Progettazione di un lapbook

ITA Il muro della VIOLENZA: il bullismo fra articoli di cronaca e video

GIOVEDI 2

ITA I muri della PAURA: muri nel mondo...con google earth (a cura di T. Bosi)

ITA approfondiamo la storia di alcuni muri (lavoro di gruppo)

MATE: Seminario esperienziale corporeo ispirato allo yoga

INGLESE   READING  “Street Art” -  J.R.

VENERDI 3

ITA Il muro della STORIA il muro di Berlino (viaggio del musicale)

il muro del pianto (Gemma)

MUSICA: riflessioni su  brani musicali ascoltati e analizzati in precedenza, composti da cantautori/gruppi italiani e stranieri in cui si fa riferimento ai muri della geo-storia,muri visibili e muri invisibili. Realizzazione di un testo rap.

TECNOLOGIA progettazione del muro da realizzare a scuola

INGLESE -  “Street Art”  -  JR’ s project “Unframed Ellis Island” project

LUNEDì 6

ITA Il muro della MEMORIA: film “La Rugiada di San Giovanni” al cinema D’Azeglio

TECNOLOGIA progettazione muro

MUSICA Realizzazione di un testo rap e relativo accompagnamento ritmico.

MATE Progettazione del lapbook

MARTEDI 7

ITA Il muro PERSONALE Cosa vedo oltre il mio muro? Oltre la “siepe che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude”?

MATE Progettazione del lapbook

FRANCESE Progetto alternanza scuola-lavoro: attività per potenziare le abilità comunicative in lingua straniera con un gruppo di studenti del liceo linguistico “Marconi”